Conferenza
della prof.ssa Giovanna Silvani
17 marzo 2014
L’incontro della Dante di lunedì 17 marzo su “Shakespeare e Verdi” ha avuto come relatrice la prof.ssa Giovanna Silvani, docente di Lingua e Letteratura Inglese all’Università di Trento e di Parma e nota autrice e traduttrice di saggi.
Silvani ha sviluppato l’argomento con chiarezza, puntualità e ricchezza di spunti per ulteriori approfondimenti, destando molto interesse tra il pubblico presente che è intervenuto, alla fine, con domande molto circostanziate.
Shakespeare, autore simbolo per i Romantici, fu per Verdi fonte di ispirazione costante che si tradusse nei due melodrammi Macbeth e Otello, in cui riprese temi quali il confronto dell’individuo con la propria coscienza, la presenza del male nella natura umana e il rapporto con il potere, e nella commedia lirica Falstaff.
Macbeth è l’eroe tragico, ma non un “villain”, in una tragedia cupa dove la sete di potere porta al regicidio e il soprannaturale è presente con apparizioni di spettri e di streghe. Probabilmente Shakespeare scrisse Macbeth come omaggio al re, Giacomo I, convinto sostenitore del diritto divino del re e autore di un trattato sulla demonologia e credente nel soprannaturale. Questa tragedia è fondamentale per Verdi e per il librettista Francesco Maria Piave, che recuperarono fedelmente questi temi ricreando nelle filastrocche delle streghe attorno al calderone, l’idea della vorticosità del sabba, un accumulo fonico con un perfetto equilibrio tra parole e musica. Streghe come forza motrice dell’azione, simbolo del fato, fuori dal tempo, o meglio collocate in una dimensione in cui passato, presente e futuro vengono percepiti simultaneamente. Ciò che Macbeth fa è già scritto.
Shakespeare ATTO IV
Entrano le tre streghe.
I strega: Mugolò tre volte il gatto.
II strega: Tre più una il porcospino.
III strega: Arpia grida: “è il tempo esatto”.
I strega: Tutte attorno alla caldaia
Ne attoschiamo la ventraia.
Questo rospo che dormì
Trentun notti e trentun dì
A far fiel sotto una proda
Bolla primo in questa broda.
Verdi ATTO III
Streghe.
I.Tre volte miagola la gatta in fregola.
II. Tre volte l’upupa lamenta ed ulula.
III. Tre volte l’istrice guaisce al vento.
Tutte
Questo è il momento.
Su via! sollecite giriam la pentola,
Mesciamvi in circolo possenti intingoli:
Sirocchie, all’opera! l’acqua già fuma,
Crepita e spuma.
gettando nella caldaia.
Otello. Una tragedia domestica, così la prof. Silvani definisce Otello, in cui gli eventi esterni rimangono sullo sfondo; non un semplice “dramma della gelosia” ma espressione delle passioni e delle umane contraddizioni. Shakespeare non condanna, non esprime giudizi morali, pone il problema razziale sovvertendo il tradizionale simbolismo bianco/bene e nero/male. Otello è il barbaro, accusato di sapere usare la magia della parola e infatti Desdemona si innamora di lui sentendo il racconto dei suoi viaggi, ma egli è anche il Moro, guerriero coraggioso, colto, cristiano. Jago, il “villain” complessa figura machiavellica, è il genio dell’intrigo, il simbolo del male.
Coleridge in un saggio individua in Jago il male “motiveless malignity”, malvagità senza motivo”.
Questi elementi del dramma shakespeariano sono presenti anche nell’opera verdiana. Arrigo Boito, il librettista, seguì la trama dell’Otello eliminando però il primo atto ambientato a Venezia, e armonizzando il testo con il tessuto musicale in un flusso continuo.
Canzone del salice in Shakespeare
Atto IV
La cara anima stava desolata.
Tutti, cantate tutti un verde salice.
Stava lì con la testa ripiegata.
Cantate salice, salice, salice.
I ruscelletti le correano accanto, E parea ripetessero il suo pianto.
Canzone del salice in Verdi
Atto IV
Piangea cantando
nell’erma landa,
piangea la mesta…
[come una voce lontana] O Salce! Salce! Salce!
Sedea chinando
sul sen la testa!
Salce! Salce! Salce!
Cantiamo! Cantiamo! il Salce funebre
sarà la mia ghirlanda.
E, infine, Falstaff, personaggio che compare sia in Enrico IV sia Enrico V, dove è narrata la sua morte. Viene quindi resuscitato nelle Allegre comari di Windsor, unica commedia di Shakespeare ambientata nella prospera provincia inglese di epoca elisabettiana.
Falstaff, figura di vecchio corpulento e gaudente, seduttore impenitente, è oggetto delle beffe crudeli compiute da alcune signore da lui corteggiate contemporaneamente.
Buffa vicenda, che ci presenta uno spaccato della società provinciale inglese, i suoi usi e costumi, ipocrisie e virtù.
Verdi percepì la musicalità del testo di Shakespeare e con il librettista Arrigo Boito compose la sua ultima opera ricca di temi ricorrenti. Con il celebre finale, non presente nell’opera originale, “Tutto nel mondo è burla” pose lo scherzo come un aspetto della vita dell’uomo.
Falstaff, Verdi Atto III
Coro dei cittadini
Tutto nel mondo è burla.
L’uom è nato burlone,
La fede in cor gli ciurla,
Gli ciurla la ragione.
Tutti gabbati! Irride
L’un l’altro ogni mortal.
Ma ride ben chi ride
La risata final.
Shakespeare-Verdi: tre secoli li separano. Vissuti in contesti culturali e sociali diversi, entrambi hanno scandagliato in profondità la natura umana con la potenza e l’incanto della parola e della musica. Perciò possiamo considerarli e considerarci contemporanei.
Marisa D.
ultimo aggiornamento della pagina: 31 marzo 2014