Spiritualità e bellezza
nella Cattedrale di Parma

Visita guidata con Ines Bacchi

L’appuntamento è alle 15.50 di lunedì 12 marzo 2018 davanti alla Cattedrale di Santa Maria Assunta, il nostro Duomo, nella piazza con il Battistero dell’Antelami e il Palazzo Vescovile.

Ines Bacchi arriva con i suoi appunti da distribuire a tutti. La gente è tanta.

Consapevoli che sotto di noi la storia ha lasciato il suo segno, che strati di pietre si sono sovrapposti (un tempio, sepolcri, basiliche) e che anche le divinità  si sono alternate in questo luogo, sacro ancora oggi, e che occorrerebbe un’apertura verticale per esplorare e leggere questo libro dalle pagine di pietra, abbiamo cominciato a seguire la narrazione delle molte fasi costruttive della nostra cattedrale. E abbiamo iniziato a immaginare: l’area del Pratum Regium e del Foro Sant’Ercolano, il Canale Maggiore, i due Conventi Benedettini, il Palazzo Vescovile fortificato e con fossato, il canonicale claustrum con biblioteca e scuola scriptoria, il quadriportico, la Cappella di  Sant’Agata e, da non dimenticare, la scuola per canonici e laici da cui ha avuto origine nel 1000 la nostra Università, tra le più antiche del tempo. C’era tutto questo quando nel 1045 il Vescovo Conte Cadalo (o per altri Everardo di Colonia, scismatico) mise in progetto la costruzione di una nuova grande cattedrale nell’area della Mater Ecclesia, distrutta in un incendio.

La nostra guida spiega che la Cattedrale è il segno di una cristianità condivisa e in essa convergono tutte le forze religiose, economiche e politiche della città. Come luogo di riunione dei cittadini, di aggregazione religiosa, della memoria è emblema della città stessa. Nel Medioevo era una tappa abituale dei pellegrini in cammino verso Roma e Gerusalemme.

Il Duomo venne edificato tra l’XI e il XII secolo e consacrato nel 1106, ma solo nel 1178 fu completata l’ampia facciata a capanna.

Nell 1106 con l’insediamento del Vescovo Bernardo Degli Uberti venne introdotta una nuova iconografia ad opera del Magistro murario Nicolò, della scuola di Wiligelmo e Lanfranco. I lavori lunghi e costosi durarono venti anni, con i cantieri sospesi in inverno e furono finanziati con proventi pubblici.

Il tempio fu edificato da Maestri Campionesi, maestranze specializzate provenienti dal Nord dell’Italia, con vasta esperienza e conoscenze tecniche, che avevano lavorato in varie zone d’Europa.

Dal progetto cartaceo su disegno proporzionato a terra, la costruzione venne realizzata con l’uso di ponteggi, carrucole, filo a piombo; c’era anche una grande ruota con fune di sollevamento. Scalpellini e scultori specializzati lavoravano sul posto con soggetti già pronti o eseguiti ex novo; laterizi, arenaria degli Appennini e marmo di Verona i materiali usati. Il trasporto avveniva con carri a quattro ruote e per via fluviale, dal Po al Naviglio, con scarico e carico merci nella piazzetta del Naviglio.

La chiesa si presenta a pianta longitudinale, a croce latina con absidi nel capocroce e nei transetti (la croce latina ricorda la passione di Cristo). Esternamente la struttura è scandita da lesene, archetti, gallerie e protome antropomorfe e zoomorfe. Le navate sono tre; le due laterali a campate quadrate coperte da volte a crociera, la centrale a campate rettangolari (due formano un quadrato) coperte nell’XI secolo da capriate in legno, poi sostituite da crociere costolonate nel XII secolo.

Per costruire le volte, sull’impalcatura si sistemavano le centine in legno, che sostenevano i costoloni di pietra in attesa che la malta si asciugasse, poi si procedeva alla costruzione delle volte; su di esse veniva steso uno strato di calcestruzzo per evitare sconnessioni, quindi si recuperavano le centine di legno per usarle di nuovo. I pilastri cruciformi avevano funzione portante.

Questi ultimi, le colonnine dei matronei e l’architrave dei transetti mostrano splendidi motivi fitomorfi, zoomorfi  ed antropomorfi  con significato simbolico e didattico.

Tutti i capitelli in origine erano dipinti a colori forti: era un modo per avvicinare i fedeli  ai vangeli e ai testi sacri. La lezione di Ines Bacchi è ricca di notizie e di curiosità,  esce dagli schemi di una lettura di manuale turistico. Ci illustra  riti e usanze e ci affascina con la ricca e fantastica simbologia religiosa medioevale. È particolare la tesi del Vescovo Siccardo: la chiesa è una Gerusalemme in terra, le quattro pareti sono i Vangeli, la larghezza è la carità, l’altezza la speranza, la lunghezza  la longanimità, le finestre sono i dottori della chiesa che proteggono dalle Eresie, le colonne ed i capitelli sono i vescovi che la sostengono con le parole delle Sante Scritture, le basi sono gli uomini che fanno apostolato e supportano la chiesa stessa, le travi i predicatori, le tegole i soldati della chiesa che la difendono dai pagani, l’altare rappresenta Cristo, i gradini i martiri, la cupola il cielo. Sette sono le campate, sette per parte i pilastri… sette i giorni della creazione.

La facciata  a capanna  è priva di decorazioni nella parte inferiore. Qui si aprono tre portali, sormontati da una lunetta chiusa a vetrate.

Quello centrale è preceduto da un protiro (Giambono da Bissone,1281) con arco a tutto sesto, (ornato con i mesi dell’anno e i rispettivi lavori nei campi) poggiante su due colonne corinzie ognuna delle quali a sua volta è sorretta da un leone stiloforo, uno in marmo bianco ed una in marmo rosso (doppia natura di Cristo umana e divina). Il leone accovacciato simboleggia Cristo Risorto. Il protiro termina con una loggia con copertura a doppio spiovente con volta a botte. Nella parte superiore della facciata si aprono due logge, disposte su livelli differenti. Quella inferiore è costituita da quattro trifore con archetti poggianti su colonnine, due a destra e due a sinistra; la superiore è uguale ma meno alta. Al centro, sopra il protiro, una grande monofora con arco a tutto sesto dà luce all’interno. La terza loggia segue l’andamento dei due spioventi del tetto ed è costituita da monofore sorrette da colonnine.

A destra il campanile attuale  sostituisce la torre fatta abbattere dal vescovo Obizzo Sanvitale nel 1282 e poi fatta ricostruire nel 1292 nella forma attuale. Ha quattro campane. Ne era prevista un’altra, gemella della prima, alla sinistra della facciata, mai realizzata.

A partire dal XV secolo vennero aggiunte le cappelle laterali.

Entriamo nella Cattedrale e ci lasciamo avvolgere dai colori e dalla spiritualità del luogo. L’essenzialità della scultura romanica convive con lo sfarzo della pittura rinascimentale.

Non c’è tempo sufficiente per un’analisi approfondita come vorrebbe la nostra guida, che ugualmente ci porta a scoprire e riscoprire tante cose.

La navata centrale è larga il doppio delle due laterali ed è, come queste ultime, coperta con volta a crociera. Tra la terza e la quarta campata, a ridosso della semicolonna di destra, si trova il pulpito ligneo riccamente scolpito, opera di Paolo Froni (1613).

Ci soffermiamo ad ammirare  gli affreschi  che ornano le pareti: sono opera di Lattanzio Gambara, che li realizzò tra il 1567 e il 1573. Si sviluppano su tre fasce, ognuna delle quali corrisponde ad una tematica: dal basso, tra gli archi di comunicazione fra le navate e il matroneo, episodi dall’Antico Testamento; fra il matroneo e le lunette, episodi dal Nuovo Testamento; nelle lunette, figure allegoriche. Gli affreschi della volta sono opera di Girolamo Bedoli Mazzola.

Grandi lampadari circolari (Gerusalemme celeste) illuminavano l’ambiente.

Verso la fine del XII secolo venne modificato l’assetto del presbiterio con l’inserimento di una scala centrale e l’aggiunta di un ambone, a sinistra, per la lettura del Vangelo; si ergeva su quattro colonne sostenute da altrettanti  leoni stilofori ed era probabilmente composto di tavole di marmo in cui erano scolpiti i misteri della passione di Cristo. Il pulpito venne abbattuto nel 1556.

Venne ritrovata e recuperata solo  una lastra, posta ora nel transetto destro, un bassorilievo che raffigura, al centro, Gesù calato dalla croce e, ai lati, le tre Marie e la personificazione dell’Ecclesia e della Sinagoga L’autore, Benedetto Antelami qui si firma e data la sua opera:1178. Ne abbiamo parlato a lungo lunedì 5 marzo nell’incontro con Francesco Barilli: I colori nascosti di Benedetto Antelami. Non resta che accarezzarla con la mente, ammirarla e commuoverci.

Rimane infine la cupola, opera di Antonio Allegri detto il Correggio (1489-1534). Il pittore stava terminando gli affreschi in San Giovanni quando iniziò a dipingere l’Assunzione della Vergine in Duomo. Nel 1523, sotto richiesta del Correggio stesso, venne scalpellato e rifatto l’interno della cupola medioevale costolonata, del XIII secolo. Nel tamburo ottagonale preesistente furono aperti degli oculi circolari e consolidate le colonnette esterne. Dal contratto del 1522 all’inizio dei lavori passarono quattro anni, per arrivare al termine nel 1530.

Lo sguardo è in alto, la cupola ci abbaglia con la sua lucente bellezza.

Gesù Cristo scende incontro alla Madre in un vortice di santi, profeti, angeli e nuvole.

Con Ines Bacchi abbiamo ricordato la tecnica pittorica del Correggio, le pennellate di diversa lunghezza e spessore che seguono il volume e il movimento dei corpi, la luce dorata che pervade i volti e le figure, senza contorni netti.

Abbiamo contemplato altre volte questa cupola, ma toglie sempre il respiro.

Molte le domande rivolte alla nostra guida, grandissimo l’interesse. L’aspettiamo per altri percorsi. Di questo custodiremo, seguendo il suo consiglio, oltre le conoscenze fondamentali, la memoria dei dettagli, dei particolari, anche delle piccole cose. Li conserveremo, come preziosi souvenir.

Luciana Beghè

 


 

ultimo aggiornamento della pagina: 16 aprile 2018

 

 

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