Relatrice: Isa Guastalla
Nel primo Lunedì della Dante del I semestre 2019. il 25 febbraio, Isa Guastalla inizia citando il libro di Fiorenzo Sicuri “L’ebreo nella soffitta” che ripercorre le vicissitudini della piccola comunità ebraica parmense in conseguenza delle leggi antiebraiche del 1938 e ne ricostruisce la storia sino al 1943, soprattutto attraverso le fonti di polizia e in particolare i periodici rapporti dei questori al Ministero dell’Interno. La discriminazione e la persecuzione degli ebrei comportarono numerose misure vessatorie, fra cui l’esclusione dalle scuole di alunni e professori ebrei; la proibizione degli impieghi pubblici e dell’esercizio di numerose professioni; i sequestri o le confische dei beni degli ebrei agiati; l’espulsione dal Partito Nazionale Fascista, dalle associazioni ricreative, dalle accademie e dagli istituti culturali. Giustifica il titolo del libro spiegando che il professore ebreo Adolfo Ravà, che aveva insegnato anche nella nostra città, fu allontanato dalla cattedra di filosofia del diritto e passò gli anni della guerra in una soffitta di via Tolmino a Roma.
Guastalla fornisce i dati della Comunità ebraica parmense, nell’autunno del 1938:
a Parma centotrentaquattro membri, sessantadue donne e settantadue uomini. Tra di loro, sei erano bambini in età scolare e dodici erano ragazzi iscritti alle scuole superiori e all’università. La maggioranza dei membri della comunità cittadina apparteneva alla borghesia, come risulta, oltre che dalle professioni e dai mestieri esercitati, anche dal fatto che abitassero in quartieri residenziali.
Solo alcune famiglie israelite abitavano ancora nelle località della Bassa, ossia Busseto, Soragna e Fidenza. Tre Comuni dell’Appennino, Borgo Val di Taro, Neviano degli Arduini e Pellegrino Parmense, ospitavano ciascuno una famiglia di ebrei e Golese e San Pancrazio due famiglie di agricoltori.
Cita, quindi, il giudice Pellegrino Riccardi di Langhirano, nominato nel 1988 “Giusto tra le Nazioni” per aver aiutato, durante la guerra, a rischio della vita, la famiglia di un suo caro amico ebreo, l’avvocato Rolando Vigevani. E ancora parla di numerosi casi di ebrei fuggiti all’estero, di altri perseguitati e spediti nei campi di concentramento e di tanti salvati da gente comune e da sacerdoti e suore nei conventi. Quello che colpisce i presenti è la citazione di nomi di parmigiani ebrei conosciuti che lasciano tracce dolorose nella memoria, ancor più perché erano perfettamente integrati nel contesto cittadino, vicini di casa, compagni di scuola, professionisti stimati.
Guastalla fa capire che la propaganda antisemita già prima del ’38 era presente nei giornali che circolavano in città, come La fiamma e Il Corriere Emiliano, mentre a Fidenza il vescovo Colli, nel Risveglio, affermava che non esisteva la razza ariana e protestava contro la legge che impediva i matrimoni ebrei e quelli misti.
Nei ricordi di Isa spicca la storia, documentata negli archivi del liceo, di Giacomo Bassani allontanato dal Romagnosi e poi reintegrato per i suoi altissimi voti nell’esame di idoneità e quella della zia, vedova del generale Bachi che, annichilita dal dolore per la morte del marito e del figlio diciassettenne, appariva sempre nella sua figura dolente, con abiti rigorosamente a lutto.
In chiusura legge una pagina tratta da La Storia di Elsa Morante, in cui viene descritta in modo mirabile la stazione Tiburtina dopo la razzia del ghetto, avvenuta il 16 ottobre 1943, poco prima della partenza per la Germania dei carri stracolmi di ebrei e la disperazione di una donna che cerca a gran voce i suoi familiari perché vuole partire con loro.
L’incontro porta a profonde riflessioni sul passato e sul presente e tutti escono con tanti ricordi personali richiamati alla mente.
Lori Carpi
ultimo aggiornamento della pagina: 4 marzo 2019