Conferenza sul vernacolo
Un auditorium intero non basta. C’è voglia di dialetto, in città, e l’affollatissimo pomeriggio di ieri l’ha confermato.
All’Auditorium di Banca Monte, in via Bruno Longhi, c’erano per lo più teste canute – e questo va detto – ma il “pienone” con tanto di pubblico in piedi in fondo alla sala è stato un vero e proprio successo.
La conferenza “Na fumära acsì fissa ch’at ghe pól pozär incóntra la biciclèta. Autenticità e poesia nel dialetto parmigiano”, è stato un piacevole rendez-vous tra i parmigiani e la loro lingua organizzato dall’associazione Dante Alighieri.
Protagonisti, i “soliti noti” del vernacolo ducale che, fra battute, poesie, strimpellate e amarcord, hanno voluto ribadire la dignità di una tradizione preziosa che rischia di andare perduta.
Oltre al fischietto internazionale, Alberto Michelotti, e all’esperto di tradizioni parmigiane, Enrico Maletti, (del blog Parma in dialetto), anche lo studioso e autore Giuseppe Mezzadri, che ha fatto da moderatore dell’appuntamento, e il musicista Giorgio Capelli.
Dopo una breve introduzione del presidente dell’associazione Dante Alighieri, Angelo Peticca, e della sua vice Isa Guastalla, che hanno ringraziato i tanti partecipanti e ribadito un concetto molto importante (“il dialetto ha una dignità comunicativa e letteraria eccellente”), il pramzan dal sass e disegnatore Francesco Soncini ha portato il suo saluto.
Giuseppe Mezzadri, poi, ha dato il via alle “danze”: “È bello parlare di dialetto con persone che dimostrano di apprezzarlo” ha specificato, prima di passare in rassegna le tappe storiche fondamentali per la nascita della lingua parmigiana.
Ma il futuro? A quello ci hanno pensato Michelotti e Maletti, che, con fare scanzonato, hanno raccontato al pubblico l’esperienza che da diversi mesi stanno portando avanti nelle scuole elementari di Parma, insieme con Maurizio Trapelli, per tutti al Dsevod, e a Vittorio Campanini (anche lui presente in sala, come il poeta Fausto Bertozzi): “Siamo già stati in una quindicina di istituti, con l’intenzione di mantenere vivo il nostro dialetto – ha spiegato Maletti – Dopo aver letto ai bimbi qualche poesia tratta da un libro di Campanini, li coinvolgiamo nella recitazione insieme alle maestre”.
“Noi per primi ci stiamo divertendo molto, e io, che fino a cinque anni non conoscevo una parola d’italiano, sto riscoprendo il ragazzo che è in me” – assicura Michelotti. E poi spazio a poesie, in versi e in musica, a un’approfondita analisi etimologica di “stranomm” e modi di dire, a stornellate e, soprattutto, a una buona dose di allegria. Tutto, rigorosamente, in dialetto.
Margherita Portelli
per gentile concessione della «Gazzetta di Parma»
ultimo aggiornamento della pagina: 11 aprile 2012