Nuova conversazione
con Renato Di Benedetto e Giuseppe Martini
Una stagione di quelle irripetibili, un intreccio di arti figurative, letteratura e musica che insieme collaborano alla reciproca comprensione: Renato Di Benedetto e Giuseppe Martini per la loro seconda conversazione alla Associazione “Dante Alighieri” di Parma lunedì 10 dicembre scorso, dopo quella tenuta nel 2011 in occasione del bicentenario della nascita di Franz Liszt, sono andati a frugare negli incroci culturali dell’ultimo quarto del XIX secolo francese, su cui l’enorme figura di gettava ancora la sua ombra. Attraverso proiezioni di immagini, l’analisi di alcune poesie significative – come «Salut» di Mallarmé, il sonetto delle «Correspondances» di Baudelaire, l’«Art poètique» di Verlaine – e l’ascolto di brani di Liszt («La leggierezza», «Jeux d’eau à la Villa d’Este») e soprattutto Debussy («Arabesque I», «Pagodes», il quarto del primo libro dei «Préludes», «Nuages», «Claire de lune», «Prélude à L’après-midi d’un faune») Martini e Di Benedetto hanno cercato di illustrare – passandosi a turno la parola – come l’idea dell’arabesco, implicita nell’immagine del tirso evocata da Baudelaire in omaggio a Liszt, rappresenti una sorta di immagine simbolica, di guida che anima l’evoluzione artistica di quegli anni, passando dalle armonie sospese di Debussy, ai versi che si librano nell’aria evocati da Verlaine, alle nuances dei quadri di Whistler a cui si ispirava Debussy nei «Nocturnes», fino ad arrivare al centro di tutto, il Nulla di Mallarmé e del suo Fauno del cui sogno non che un senso di vacuità. Del resto, il titolo di questo penultimo incontro del secondo semestre 2012 di attività della «Dante», «“Après une lecture du Liszt”. Suoni, colori, immagini da Liszt a Debussy», non avrebbe potuto essere più allusivo: Liszt anticipa e getta i semi che fruttano nella figura per molto tempo lasciata in ombra – specie dopo l’avvento innovatore prima di Stravinsky e poi del serialismo schönberghiano – di Claude Debussy, che si rivela a uno sguardo più approfondito sempre più gigantesco nella sua capacità di intuire e sintetizzare le esperienze del proprio tempo.
Maria Grazia Manghi
(Gazzetta di Parma 13 dicembre 2012)
ultimo aggiornamento della pagina: 9 marzo 2013