Relatore: Valerio Varesi
La narrativa cosiddetta gialla appartiene alla letteratura “alta” o alla narrativa popolare?
Questo è uno dei nodi della piacevolissima conversazione che si è tenuta nell’incontro di lunedì 25 marzo.
Dopo i saluti d’apertura davanti a un pubblico numeroso, attento e interessato, Isa Guastalla ha presentato lo scrittore Valerio Varesi, conosciuto da lei agli esordi e ora noto in tutto il mondo, nato a Torino nel 1959, abitante a Parma e giornalista nella redazione de La Repubblica di Bologna. Romanziere eclettico, è il creatore del commissario Soneri, protagonista dei polizieschi che hanno ispirato le tre serie televisive “Nebbie e delitti” con Luca Barbareschi e autore dei tre romanzi raccolti nella “Trilogia di una Repubblica”, che ripercorrono la storia italiana dalla Resistenza agli anni Ottanta.
Isa Guastalla ne ha sottolineato la scrittura sciolta, accattivante, dove la narrazione è frutto della connessione fra realtà e invenzione, poiché coglie gli spunti da fatti di cronaca, ma tratteggia i personaggi nella loro umanità. Sfondo dei racconti sono Parma e il paesaggio padano e, a questo proposito, ha citato in particolare il libro “Il fiume delle nebbie”.
L’incontro è proseguito con l’intervento dell’autore stesso, che ha ricordato di avere vinto da ragazzo il premio del “Concorso di poesia” della Dante, fatto che è stato di buon auspicio per il suo percorso letterario. Si è soffermato poi sul rapporto fra cronaca, narrativa e letteratura, in particolare sul rapporto fra letteratura alta e quella popolare e ha sostenuto che il romanzo giallo può essere raccontato con un registro linguistico alto, che lo trasforma in qualcosa di più di un romanzo di genere.
Varesi ha poi affermato di sentirsi uno scrittore prestato al giornalismo, scrittore che dai fatti cronaca sa estrapolare il significato più intimo per ricostruire vicende umane, ambienti sociali, atmosfere della vita contemporanea. Egli si sente come “investito” dai fatti della cronaca, per esempio dalla notizia di una chiatta enorme, che va alla deriva sul Po creando ansia e preoccupazione fra la gente che ne abita le rive, trae lo spunto per l’incipit del suo romanzo “Il fiume della nebbie”.
Nell’ultimo romanzo “La paura dell’anima” si è ispirato a Norbert Feher, tristemente noto come Igor il russo. Lo scrittore si è soffermato a lungo sul personaggio Igor, un Fregoli del crimine, uno che sa usare i social network e li usa per beffare gli altri, per ingigantire la sfida con il: “Ci sono, ma non riuscite a prendermi.” Ha reso ancora più impalpabile e spaventosa questa minaccia con la sua fama di killer, determinata dall’aver ucciso spietatamente due persone. Un comportamento che scatena come un detonatore quelle paure latenti che abbiamo dentro di noi come effettivamente è accaduto in quella parte di pianura tra Bologna e Ferrara dove la vita è cambiata, dove la gente ha messo le inferriate alle finestre, non usciva la sera o usciva in gruppo, guardava con sospetto il vicino. Sono stati corrosi la vita sociale, i rapporti tra le persone. Assenza più acuta presenza, qualcosa che aleggia e che va a scatenare paure esistenziali. La paura del futuro, per cui viviamo più isolati, non c’è un cammino collettivo. Quindi Igor è la fiammella che incendia il bosco. Ecco cosa un fatto di cronaca può scatenare e contenere. Questo libro giallo è una riflessione sulla paura, fa emergere quello che ci opprime nel presente. Il narratore ha costruito da una storia vera una metafora, libero nella sua invenzione.
Valerio Varesi ha dichiarato che il giallo è la chiave per cogliere la realtà sommersa: per questo è rimasto fedele al genere. Ha ricordato quindi una serie di grandi autori del genere giallo, da Leonardo Sciascia che racconta la mafia, a Scerbanenco e la Milano del benessere, a Carlo Emilio Gadda con il suo “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, protagonista don Ciccio Ingravallo, cui vorrebbe assomigliasse il suo Soneri, citando ”sotto i riccioli neri, i bernoccoli metafisici”.
Fra gli autori menzionati non poteva mancare George Simenon con il suo commissario Maigret, anche se Simenon considerava i suoi romanzi gialli para letteratura, mentre in realtà descriveva in modo egregio l’ambiente della Francia contemporanea.
Dopo altre riflessioni su vari autori e sulle caratteristiche del giallo, la conversazione si è chiusa con la considerazione che la letteratura gialla è pari agli altri generi letterari, che la letteratura nel suo insieme è un distillato delle vicende del mondo, che il lettore si rispecchia in quello che legge e, leggendo, diventa più consapevole di quello che pensa.
Alla fine applausi lunghi e convinti di tutti i partecipanti.
Cristina Molinari Tosatti
ultimo aggiornamento della pagina: 11 aprile 2019