Dante al cinema
e in televisione

Relatore: Giorgio Simonelli

La Dante Alighieri di Parma, in occasione del secondo incontro autunnale dei Caffè Letterari il 6 novembre 2019, ha avuto il piacere di presentare ai suoi numerosi soci Giorgio Simonelli. Il professore, con un linguaggio preciso e chiaro e con la solita calorosa simpatia, ha intrattenuto il pubblico su un tema denso di contenuti letterari, stilistici e mediatici: Dante al cinema e in televisione. Ha affermato che la televisione ha prodotto spettacoli molto più interessanti del cinema ed ha elencato tre produzioni assai valide. La prima riguarda la Vita di Dante, opera televisiva diretta da Vittorio Cottafavi su sceneggiatura di Giorgio Prosperi, trasmesso dalla RAI nel 1960 in tre puntate. Nei panni del sommo poeta Dante Alighieri c’era Giorgio Albertazzi, affiancato da Loretta Goggi (Beatrice Portinari), Renzo Palmer, Luigi Vannucchi ed un cast di attori di vaglia, molti dei quali di formazione teatrale, con Riccardo Cucciolla presente come voce fuori campo in funzione di narratore. Lo sceneggiato, trasmesso nel settimo centenario della nascita di Dante, costituiva un tentativo impegnato, e in gran parte riuscito, di ricostruire la vita del Sommo Poeta.

Tv Dante: the Inferno (Cantos I-VIII) realizzato nel 1989, su commissione della tv britannica Channel 4, da Peter Greenaway con l’artista Tom Phillips. È una performance video, completa di note sullo schermo da parte di Phillips, David Attenborough e altri, ancorata alle sue origini testuali da Bob Peck e John Gielgud, che recitano i versi di Dante alla telecamera, mentre scoppia l’Inferno intorno a loro, perché Greenaway e Phillips utilizzano tutti i mezzi a disposizione.

E infine lettura e commento di vari Canti della Divina Commedia di Roberto Benigni, trasmessi da RAI 1 nel 2007/2008, nel 2013 e ancora nel 2015 con un indice di ascolto altissimo (fino a 17 milioni, risultato impensabile per un’operazione di così alta cifra culturale).

Anche il cinema è stato da subito attratto dai personaggi e dalle storie della Divina Commedia e di Dante, ma i risultati sono spesso stati banali, insignificanti e melensi, perché registi e sceneggiatori puntavano soprattutto sull’effetto speciale, le tinte drammatiche forti, il patetismo e l’iperbole. Quando il cinema -ha ricordato Simonelli- inizia a definirsi tecnicamente e industrialmente, prende a modello la grafica popolare di Dorè per portare L’Inferno sullo schermo. La versione cinematografica della prima cantica della “Divina Commedia avviene quando i film sono ancora muti. Tra il 1910 e il 1911 due case di produzione italiane (allora il nostro Paese era la culla del cinema mondiale) si sfidano su questo territorio complesso. La potente Milano Film contro la “piccola” Helios Film. La prima punta su un kolossal con una produzione straordinaria, un investimento finanziario eccezionale (pare 100.000 lire!), che avrà bisogno di quasi due anni di lavoro. La seconda riesce a bruciare il traguardo, uscendo nelle sale qualche mese prima. L’inferno” della Helios presenta solo 22 quadri, ma è sicuramente un lavoro meritevole, certo meno impressionante di quello della Milano Film, firmato, tra l’altro, da Giuseppe De Liguoro, un regista importante, un aristocratico che, nel corso della sua carriera, si dedicherà soprattutto a opere “storiche” e biografiche. Tale lungometraggio è straordinario per gli “effetti speciali”, per una riduzione intelligente anche nelle didascalie e per una narrazione efficace. Ovviamente, come hanno sottolineato gli storici del cinema, il film del regista più che sottolineare il tormento filosofico religioso dantesco, ne mette in evidenza i tratti orrorifici, da incubo, i quali, per gli spettatori dell’epoca, dovevano avere un impatto molto “forte”. Su questa enfasi si sofferma il professore sottolineandone il limite e cita come ulteriori esempi le pellicole di Adolfo Padovan e Francesco Bertolini (il visionario Inferno, 1911), di Guido Brignone (Inferno, 1928), di Raffaello Matarazzo (il melodrammatico Paolo e Francesca, 1949).

Biografia

Il professore è molto conosciuto e non ha certo bisogno di presentazioni, ma ci sembra doveroso aggiungere una sua breve biografia e ricordare il programma televisivo che lo ha fatto entrare in tutte le nostre case, tv talk. Giorgio Simonelli è professore associato di Giornalismo radiofonico e televisivo e di Storia della radio e della televisione all’Università Cattolica di Milano dove ha ideato il master Fare radio. Ideazione, produzione e gestione dei prodotti radiofonici di cui è direttore scientifico.

Scrive volumi e saggi sui registi cinematografici, sulla storia, il linguaggio, i generi e i contenuti della comunicazione radiofonica e televisiva. Ha pubblicato anche su riviste e quotidiani tra i quali cita con piacere la Voce. Da anni collabora a programmi televisivi delle reti Rai (Tv talk di Rai educational e ora di Rai tre, I grandi discorsi della storia di Rai storia, Intramontabili di Rai premium) e a qualche trasmissione radiofonica (Mix 24 di Radio24). Partecipa come organizzatore di eventi a manifestazioni culturali, come Antennacinema di Conegliano e Padova, Festivaletteratura di Mantova, Premio Smeraldo regia televisiva di Amalfi, Lectorinfabula di Conversano, Festival di poesia civile di Vercelli.

Si interessa e dibatte soprattutto di televisione, osservando i vari fenomeni della tv italiana e cercando di leggere, attraverso le sue immagini, i problemi le tendenze e le emergenze della vita sociale, culturale, politica e demografica. Crede che la televisione oggi sia in un momento di ridefinizione. Le due TV generaliste, Rai e Mediaset, pur essendo considerate anacronistiche vantano ancora un numeroso pubblico, nonostante la concorrenza delle tv a pagamento.

L. C.

ultimo aggiornamento della pagina: 5 dicembre 2019