A pochi giorni dalla entusiasmante visita, da parte dei soci della Dante, alla
nostra Gazzetta, alla presenza dell’Amministratore Delegato Pierluigi Spagoni e
sotto l’ottima guida del Direttore Claudio Rinaldi, la Dante di Parma presenta
l’ultima conferenza culturale del primo semestre dell’anno, con la dott.ssa
Manuela Catarsi, sul tema “I Longobardi a Parma”, che si terrà, come al solito
presso l’ISREC (Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea) in
vicolo delle Asse n°5 dalle ore 16,00 alle ore 18,00 di lunedì 8 maggio 2023.
La dott.ssa Catarsi già vicedirettore del Museo Archeologico Nazionale di
Parma dal 1979 è archeologa appassionata, ha salvato molti reperti e ha
contribuito all’acquisizione di innumerevoli conoscenze storiche sul territorio
locale.
Tra i reperti preziosi quelli romani provenienti dagli scavi fatti in Piazza Ghiaia.
Con gli scavi, che ha condotto nel Fidentino e nel Parmense, ha dimostrato che
gli Etruschi, contrariamente a quanto si riteneva, avevano colonizzato anche i
territori a ovest del fiume Enza. Ha fatto scavi in una quarantina di necropoli
longobarde, in chiese e in numerosi castelli.
Anche se non più in servizio, continua a coltivare le sue passioni e il suo amore
per il Museo Archeologico, uno dei più antichi d’Italia, nato per esporre e
conservare i materiali degli scavi di Veleia, nel 1760.
È parte attiva alla programmazione della Festa della Storia, manifestazione
culturale fidentina di rilevante prestigio.
Il successivo appuntamento della Dante di Parma, poi, sarà la cerimonia
di premiazione degli studenti delle Istituzioni scolastiche di Parma e
provincia vincitori del concorso annuale per una lirica inedita, già
programmata nel pomeriggio del prossimo 24 e 25 maggio presso
l’Auditorium di APE Parma Museo, gentilmente concesso dalla
Fondazione Monteparma.
Il Presidente del Comitato di Parma
Angelo Peticca
Il Lunedì della Dante dell’8 maggio 2023 è stato dedicato alla conferenza dell’archeologa Manuela Catarsi.
I Longobardi erano guerrieri del nord Europa che facevano della conquista il loro sistema di vita, ma erano poco attrezzati per governare. Quando occupavano una città, si stabilivano in quartieri piuttosto separati dal resto della popolazione, preferibilmente in zone che consentivano di controllare le vie di accesso al centro urbano. Si insediavano spesso negli edifici romani, in parte distrutti o abbandonati. Nella loro discesa non trovavano resistenza, infatti gli abitanti italici erano indeboliti e decimati da guerre, carestie, pestilenze tanto che le città erano quasi abbandonate e i campi in parte incolti.
Tra le città che fecero parte del regno longobardo si deve ascrivere anche Parma, che rivestì un ruolo sicuramente importante soprattutto per la sua posizione di presidio della contesa frontiera con i territori bizantini. La città, sulla via Aemilia, era un punto strategico come via di comunicazione e un centro di irradiazione per nuove conquiste. I Longobardi occuparono varie zone cittadine, fra queste la parte intorno alla Curtis Regia (Santa Lucia) e poi il Prato Regio (Piazza Duomo). C’era uno stretto rapporto tra i Longobardi e san Michele, infatti nell’arcangelo munito di spada essi riconoscevano il loro protettore e innalzavano, nel suo nome, varie chiese. Queste venivano, in genere, costruite presso i cimiteri perché al Santo si attribuiva anche la pesatura delle anime e l’accompagnamento delle stesse in Paradiso (Psicopompo).
A Parma furono innalzate a San Michele quattro chiese:
- San Michele del canale (in via Cavour) corredato di una cripta, oggi a circa 3 metri e mezzo sotto il livello stradale;
- San Michele del Pertugio, in borgo Angelo Mazza, in cui sono state trovate crocette d’oro;
- San Michele a porta Pediculosa, vicino alla necropoli di Sant’Ulderico e del Tribunale;
- San Michele de Arcu.
Della presenza longobarda sul nostro territorio abbiamo notizia da diverse fonti scritte e da reperti archeologici. Fra le prime riveste una fondamentale importanza l’Origo gentis Langobardorum, un breve testo del VII sec. che tramanda la storia dei Longobardi, della loro leggendaria origine fino al 672. Seguono il Codex legum langobardorum e la Historia langobardorum di Paolo Diacono, un monaco (discendente da un longobardo venuto precedentemente in Italia con Alboino) che intreccia fatti assolutamente storici con racconti romanzati, che si discostano dal rigore scientifico.
Infine l’Editto di Rotari, che rappresenta la prima raccolta di leggi longobarde.
Altri 11 pergamene riguardano diplomi legati alla compravendita di terreni nella zona di Varsi.
Fonti archeologiche a Parma e nel Parmense si riferiscono ai ritrovamenti archeologici, che a tuttora assommano a 40 siti, tra i quali, assai importanti, i sepolcreti.
Con l’invasione dell’Aemilia (568-69), la città di Parma fu presa con estrema facilità: i Longobardi, discesi da Verona, trovarono una città impoverita, decaduta, con i quartieri periferici abbandonati e si insediarono all’interno delle mura cittadine, nella città quadrata romana, distribuendosi gradualmente in tutta l’area urbana. L’insediamento maggiore si riscontra nel suburbio sud-orientale, nella zona dell’anfiteatro, dove ritrovamenti delle loro tombe a cassone erano situati vicino a un preesistente cimitero di gladiatori. La gente comune si costruì case di legno circolari e interrate nel terreno, mentre i capi occuparono le case dei ricchi romani fuggiti dalla città. Per più di cento anni, i Longobardi non innalzarono edifici di una certa importanza anzi, abbandonate e dimenticate le tecniche edilizie, favorirono il degrado di quelli esistenti.
Le strade, ostruite dalle macerie, mai rimosse, di edifici crollati vennero poi invase da sepolture che ne ridussero l’ampiezza, segno evidente dell’occupazione di spazi pubblici da parte di privati. Le necropoli cittadine presentavano, per lo più, gruppi di tombe disposte a righe e orientate Est/Ovest, che tendevano a inserirsi in quelle aree cimiteriali nate in epoca tardo-antica a ridosso del circuito murario o nel foro cittadino. Una cintura di sepolcreti, collegati verosimilmente a oratori posti soprattutto in corrispondenza delle porte cittadine e degli snodi viari, doveva segnare i nuovi confini della città e garantire un ulteriore controllo degli accessi presidiati da gruppi di soldati. Solo più tardi con Rotari e Liutprando (VII – VIII sec.) si riprese ad edificare. In particolare, dopo la conversione al cristianesimo, si costruirono in città la chiesa di San Salvatore e quella di San Michele dall’Arco, con zona sepolcrale vicina, tanto che la documentazione archeologica sui Longobardi si fonda sulle necropoli ed è datata in un arco di tempo molto ristretto indicato dagli oggetti dentro le sepolture e dunque mai oltre la metà del VII secolo. Le tombe erano riutilizzate e in alcuni casi vi giacevano interi nuclei familiari.
I siti più noti in area urbana interessano: Piazzale Paër, Borgo Angelo Mazza, Piazzale San Bartolomeo, Via Garibaldi, isolato Mazzini, Piazzale Cesare Battisti, Palazzo degli Studi, Piazzale Sant’Apollonia, Palazzo Sanvitale, Borgo della Posta, Strada della Repubblica, Borgo Valorio.
Altre tombe sono venute alla luce nell’immediata periferia cittadina, lungo le strade che da Parma portano a località quali Traversetolo e Vicofertile, oltre che in direzione della toscana Luni.
Lo scavo più importante e sistematico è stato quello della necropoli scoperta nel 1977 nei pressi di Collecchio, sulla riva destra del Taro, e comprendente cinquantotto sepolture in un’area di circa 200 metri quadrati. Questa necropoli, datata in base ai corredi verso la prima metà del VII secolo, costituisce indiscutibilmente il cimitero di epoca longobarda più esteso finora indagato in questo territorio e dal quale, peraltro, possiamo trarre dati di carattere antropologico.
Dalle analisi delle tombe si ricavano alcune osservazioni sulla datazione e sulle loro caratteristiche: le sepolture con oggetti di abbigliamento personale o di corredo sono poco numerose e in maggioranza databili intorno alla prima metà del VII secolo, infatti mancano reperti risalenti alla prima fase di occupazione longobarda, se si escludono due fibule a staffa di strada della Repubblica. Inoltre, la stragrande maggioranza delle tombe con corredo è femminile e, tra le sepolture, sono prevalenti quelle in cui compaiono pochi reperti, non sempre di particolare pregio (eccetto il caso di borgo della Posta), come pettini o crocette auree, che venivano cucite sul velario funebre. Molte di queste documentano spesso la pratica del riuso, la tomba veniva cioè riaperta e utilizzata per successive inumazioni, una modalità molto comune nei cimiteri tardo antichi e alto medievali. La quasi totale assenza di tombe con armi o con oggetti tipicamente maschili (cinture a cinque pezzi dette a testa di cavallo che servivano per sostenere la spada; due spade, una ritrovata a Vicofertile e una in via Budellungo; coltellini a un taglio detti scramasax; asce barbute per una particolare lama dal bordo superiore quasi diritto e quello inferiore allungato, quasi parallelo al manico di legno, terminante in un uncino; punte di lancia e di freccia) indica invece come le inumazioni degli uomini avessero pochi attributi di genere, perché le armi venivano certamente riutilizzate.
Le croci, rinvenute nelle tombe longobarde, sono fatte con leggera lamina d’oro liscia o lavorata con trecce, animali, rosette realizzate a sbalzo; il metallo proveniva in parte da fusioni di oggetti o di monete romani. Queste croci funerarie erano destinate ai defunti, uomini e donne e rappresentavano una offerta funebre con valore religioso e politico. Attraverso vari fori posti sui bordi, erano cucite sul sudario o sul velo che copriva il viso, oppure sul petto del defunto; derivano da tradizioni cristiane e bizantine.
Vi si trovano anche acciarini e pettini in osso a dentatura semplice e doppia. I pettini compaiono in numerose sepolture sia per il loro valore apotropaico, a protezione del defunto dagli spiriti maligni, sia per la crescita dei capelli nel cadavere che induceva a pensare al loro utilizzo nella vita ultraterrena.
Va sottolineato che una parte dei conquistatori era acquartierata nel suburbio orientale della città romana, fuori dal perimetro altomedievale, vicino ad un sito monumentale romano (arco o porta) coassiale al decumano, sito oggi scomparso. Si tratta di barriera Repubblica, e della chiesa di San Michele (quella attuale risale al 1500).
I ritrovamenti delle tombe e la dedicazione della chiesa consentono di dire che la zona era longobarda.
Lori Carpi
Per le immagini dell’8 maggio 2023 il Comitato della Dante di Parma è grato al dott. Luciano Carbognani, dell’Associazione Amici del Maria Luigia.
ultimo aggiornamento della pagina: 11 maggio 2023