Enrico Calzolari
Miti, riti e conoscenze astronomiche
degli uomini della preistoria
Lunedì 24 novembre 2014, alle ore 15.30, dopo gli interventi di routine del Presidente dott. Angelo Peticca e della vice-Presidente prof.ssa Isa Guastalla, si è tenuta la relazione del prof. Enrico Calzolari, libero ricercatore di megalitismo, paleoastronomia e interazioni geomasse e biomasse, proveniente dalla Spezia. Dopo aver precisato di essere stato in gioventù Ufficiale di marina mercantile e militare, il relatore ha fatto presente che il suo approccio al megalitismo è di tipo olistico e che per iniziarlo egli doveva tentare di scardinare i paradigmi di riferimento sull’uomo della preistoria, che generalmente derivano dalla cultura ufficiale. Ha così mostrato l’osso di Ishango, un osso di babbuino che egli ha fotografato presso il Museo Reale di Bruxelles, ma che oggi è presente, come calco in resina, nella mostra sul numero che si tiene a Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni. L’osso, trovato in Congo Belga nel 1963, rappresenta i primi “numeri primi” ed è datato al 44.000 (dicesi quarantaquattromilia!) a.C. Egli ha spiegato come questa scoperta derivi dall’esigenza pratica dell’uomo preistorico di mantenere l’isofrequenza del gruppo, al fine di garantirne la sopravvivenza.
Un’idealizzazione del principio di equità potrebbe essere raffigurato nelle pietre a Tau, sia in quelle scoperte nel 1934 nello Stagnone di Marsala da una sensitiva italiana, sia in quelle rinvenute di recente in Turchia in Gobekli Tepé, area sacra di popoli cacciatori datata a dodicimila anni fa. Questo ritrovamento ha sconvolto le idee che la archeologia ufficiale dava per accreditate circa la sensibilità degli uomini cacciatori-raccoglitori.
Egli ha quindi illustrato il libro del genetista Bryan Sykes della Università di Oxford secondo il quale, diciassettemila anni fa, nel golfo della Spezia, si è verificata una modifica del DNA che ancora si mantiene nel 9 % della popolazione mondiale e che si ritrova in Liguria, in Provenza e nelle coste atlantiche dell’Inghilterra. Egli stesso è portatore di questa genetica, arrivata in Inghilterra quando il mare era 110 metri più basso di ora.
Come se ciò non bastasse, per sconvolgere il nostro modo di pensare sull’uomo preistorico, ha mostrato la raffigurazione della scapola di renna dell’Abris Blanchard (Francia) in cui sono rappresentate le variazioni della posizione della Luna nelle due lunazioni, la precedente e la susseguente all’equinozio di primavera di 32.000 anni fa (dicesi trentaduemila!).
Ha quindi presentato le immagini del tetralite di San Lorenzo al Caprione (Lerici) orientato al tramonto del Sole al Solstizio d’estate, in cui si può assistere alla formazione della farfalla di luce, l’animale psicopompo che incarna il viaggio di ritorno dello spirito dei defunti alla costellazione-generatrice, il luogo del cielo in cui si trovano gli antenati. L’esempio perfetto di questa cosmogonia shamanica è rappresentato nella statuetta di Passo di Corvo (Foggia) datata 5.3000 a.C. (+/-150), che raffigura la shamana in trance, con collana di ventidue grani, e sotto i seni le due rappresentazioni speculari della costellazione Cassiopeia e della farfalla. Ha inoltre mostrato un analogo costrutto presente in Corsica, sotto il Monte Cinto, in cui manca la pietra trasversa di base, per cui lì non si può formare la farfalla di luce. Questi due reperti stanno a mostrare la valenza di paleoastronomia, cioè la funzione calendariale, mentre nel costrutto di Lerici si ha dimostrazione della valenza religiosa incorporata nel megalitismo. A sostegno della valenza religiosa egli ha poi mostrato il petroglifo presente in Foppe di Nadro (Val Camonica) in cui sono raffigurati uno shamano o shamana (manca la distinzione sessuale) che sta spingendo verso l’alto lo spirito di un defunto, dotato di ali contente i valori numerici dell’uno nell’ala alta (verso l’Uno, in senso di divinità) e del cinque nell’ala bassa (simbolo numerico dell’unione del maschio e della femmina che procreano sulla Terra, cioè unione di 2 + 2 che generano una nuova umanità).
Per avvicinarsi alla scoperta dell’energia dei megaliti egli ha inoltre mostrato la raffigurazione di Çhatal Hüyük in Turchia (7.500 a.C.), in cui, oltre a simboli strani, simili a quelli da noi usati per contrassegnare imballaggi di materiali radioattivi, che sembrerebbero condurre a civiltà extra-terrestri, si vedono chiaramente le linee di energia che scorrono fra due monumenti in pietra, da alcuni letti come rappresentazioni di dee madri.
Molto risalto è stato dato ai megaliti che rappresentano l’incontro delle energie maschile e femminile, pietre falliche e vulviformi, che si ritrovano sempre nei luoghi sacri, e che stanno a significare la sacralità della procreazione, che contrassegnava tutta la vita dell’uomo preistorico.
È stato inoltre accennato alla presenza di enormi megaliti, che sembrano antichissimi, cioè che si siano formati quando la superficie della Terra si stava raffredando, da alcuni ritenuti marcatori di linee di energia utilizzate dagli extra-terrestri.
Altro vi sarebbe stato di dire sul megalitismo, ma ne è mancato il tempo.
E.C.
ultimo aggiornamento della pagina: 23 febbraio 2015