Relatore: Italo Comelli
Il nostro oratore, profondo conoscitore della Divina Commedia, il 22 maggio ha presentato ai soci della Dante gli ultimi quattro canti del Paradiso (XXX, XXXI, XXXII, XXXIII).
La sua lezione è stata accompagnata da numerose immagini di artisti, di tutte le epoche, ispirati da queste terzine, come Domenico di Michelino, Botticelli, Giovanni di Paolo, Gustave Dorè, Hans Memling, Scaramuzza e Nattini.
Siamo nella terza Cantica. Il decimo cielo è l’Empireo, il tratto finale del viaggio del poeta durante il quale acquisisce un nuovo modo di vedere, un vedere intellettuale che gli permette di ammirare nella luce gli angeli, i corpi e le anime dei beati disposti in cerchio.
“In forma dunque di candida rosa
mi si mostrava la milizia santa
che nel suo sangue Cristo fece sposa.”
Al suo fianco compare Bernardo, ultima guida, che lo rassicura sulla scomparsa di Beatrice: è seduta tra i beati.
La rosa mistica è divisa in due parti: a destra i credenti in Cristo venuto e a sinistra i credenti in Cristo venturo. Tra tutti spiccano Maria e, poi, Giovanni Battista.
Bernardo innalza alla Vergine una sublime preghiera che inizia così:
“Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura…”
Dante confessa di sentirsi impotente e invoca Dio di renderlo capace di descrivere agli uomini il sovrannaturale che vede con i suoi occhi e che comprende chiaramente con la sua mente: i misteri della creazione e dell’universo, dell’Unità e la Trinità di Dio, della divina umanità di Cristo.
Comelli non tralascia di spiegare la concezione politica di Dante a favore dell’imperatore Arrigo VII, di accusa al papa Bonifacio VIII, perché non si cura abbastanza delle anime dei fedeli. Lo punisce, infatti, nel Canto XIX dell’Inferno fra i simoniaci.
In chiusura il relatore ricorda che ogni Cantica termina citando le stelle:
“E quindi uscimmo a riveder le stelle.”
“Puro e disposto a salire alle stelle.”
“L’amor che muove il sole e le altre stelle.”
Lori Carpi
ultimo aggiornamento della pagina: 12 novembre 2017