“Libertà va cercando ch’è sì cara…”
San Francesco del Prato e Dante sono stati il filo conduttore dell’incontro organizzato dai Francescani e dal Gruppo di volontari per la rinascita della chiesa.
Emozione e curiosità nell’entrare in questo gioiello gotico restituito alla città dopo decenni di abbandono, sfigurato da interventi che ne avevano totalmente modificato l’identità.
Oggi, infatti, nella parete interna della facciata rimangono le tracce delle finestre con inferriate come ricordo permanente del vecchio carcere.
I tre frati francescani ci hanno accolto con estrema affabilità; frate Vanni e frate Francesco hanno presentato un breve excursus sulla missione dei conventuali minori a Parma iniziata agli albori del XIII secolo nella zona del Pratum Regium (prato dove si svolgevano fiere e mercati). Dopo le soppressioni napoleoniche degli ordini, l’allontanamento dei religiosi e la trasformazione del complesso sacro in carcere, solo nei primi anni del 1970 è stato loro restituito il piccolo convento adiacente all’Oratorio dell’Immacolata Concezione.
L’ingegnere Saverio Borrini ha illustrato le difficoltà sorte durante il lungo lavoro di recupero, le interruzioni, la ricerca dei fondi necessari, le complesse scelte tecniche e strutturali; ha portato come esempio il rifacimento del pavimento in cocciopesto uguale all’originale dopo aver raccolto frammenti tra i detriti. Le sue parole hanno evidenziato anche la passione, l’impegno costante di tutti coloro che hanno lavorato per riportare l’edificio all’antica bellezza stilistica.
Italo Comelli, profondo conoscitore della Commedia, in momenti diversi, ha letto e commentato terzine tratte dal Purgatorio, la Cantica dell’espiazione che si rapporta con il carcere un tempo qui ospitato. Ma se il Purgatorio conduce le anime, attraverso la penitenza, alla salvezza, non sempre il ritorno degli ex carcerati alla vita reale assicura, per svariate cause, un effettivo e duraturo reinserimento nella società.
Canto I
“Libertà va cercando ch’è sì cara
come sa chi per lei vita rifiuta” (vv 71/72)
La libertà ricercata da Dante è quella dal Male, infatti i peccatori attraverso la legge del contrappasso e salendo faticosamente l’alta montagna del Purgatorio, stanno espiando in attesa di entrare in Paradiso.
Canto X. I superbi camminano chini portando pesi.
“…la grave condizione
di lor tormento a terra li rannicchia
…
Ma guarda fiso là, e disviticchia
col viso quel che vien sotto a quei sassi:” (vv 115/119)
Canto XIII. Gli invidiosi portano il cilicio e hanno le palpebre cucite con filo di ferro.
“Di vil ciliccio mi parean coperti,
e l’un sofferia l’altro con la spalla,
e tutti dalla ripa eran sofferti
…
E come alli orbi non approda il sole,
così all’ombre quivi, ond’io parlo ora,
luce del ciel di sé largir non vole;
ch’ha tutti un fil di ferro i cigli fora” (vv 58/70)
Suggestive le voci che si sono poi innalzate, in una acustica perfetta, intonando canti liturgici con un emozionante inno finale a luci spente.
A conclusione la splendida e intensa preghiera alla Vergine di san Bernardo:
Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Marisa Dragonetti
ultimo aggiornamento della pagina: 26 giugno 2021