In qualità di relatrice, infatti, abbiamo la gradita presenza di Giuliana Gallani, figlia del fotografo Gino Gallani, che propone al pubblico di soci e simpatizzanti della Dante cittadina il tema “L’inconsapevole neorealismo di un fotografo di provincia”, prendendo spunto dall’immenso archivio di istantanee scattate dal padre.
È un’occasione per molti di ripercorrere la memoria di quegli anni e rivedere luoghi mutati nel tempo.
Il Presidente del Comitato di Parma
Angelo Peticca
Giuliana Gallani apre il pomeriggio del 20 marzo raccontando la biografia del padre Gino, divorato dalla passione per la fotografia, capace di superare ogni ostacolo pur di esercitare questo mestiere, meglio quest’arte.
Racconta i suoi giri fortunosi per la collina e la montagna a ritrarre un mondo vero e spontaneo, perché non ama mettere in posa i suoi soggetti o edulcorare ciò che vede. Ha chiara nella testa la forza della fotografia, che gli permette di rappresentare la realtà e di possederne memoria.
La tecnica gli ha consentito di fissare molti paesaggi ampliando lo sguardo sul territorio provinciale, a cui ha riservato il suo maggiore interesse. L’immagine della collina e della montagna, nei decenni ’30, ’40, ’50, rappresentata dalla fotografia descrive luoghi, architetture, persone, mode, avvenimenti, istanti di vita e relazioni. Gallani non ci ha trasmesso solo illustrazioni, ma l’immagine culturale di un luogo; sono scene narrative che ci inducono al raffronto tra epoche diverse, di ieri e di oggi, che ci restituiscono la memoria e l’evoluzione cronologica degli ambienti. Ha permesso, a noi, di cogliere e confrontare i segni di una realtà in rapida trasformazione, di analizzare un documento storico che rimane anche per i posteri.
Sì, la foto è da considerarsi un documento, un bene pubblico che archivia situazioni e momenti storici, per questo la Dante è sempre interessata alle conferenze di Giuliana e al suo poderoso Archivio “dello spazio e del tempo parmense”, alla moltitudine di immagini che suo padre documenta assumendosi la responsabilità, volontaria o inconscia, del proprio lavoro di testimone. Sono foto affascinanti anche quando riprendono la miseria, la fatica; sono scatti forti perché rappresentano il vero; sono sentimenti espressi attraverso la gerarchia dei parenti nel gruppo di famiglia, le scarpe dei bambini e dei contadini, la lunghezza delle gonne, gli abiti per le cerimonie religiose, il contegno dignitoso, il “pudore” di mettersi in mostra. Quegli uomini e quelle donne erano meno liberi, meno ricchi ma sicuramente più rispettosi e autentici.
Giuliana, sei invitata per un prossimo incontro!
Lori Carpi
ultimo aggiornamento della pagina: 13 aprile 2023