Relazione del prof. Luca Fontana
ai “Lunedì” della Dante
Colto, ironico, provocatorio, il prof. Luca Fontana ha presentato il 12 novembre ad un pubblico numerosissimo lo scrittore Charles Dickens, accompagnando la sua relazione con letture significative tratte da alcuni romanzi.
Dopo aver ricordato che le opere di Dickens, pubblicate a puntate mensili o settimanali, ebbero una vasta popolarità, ha spiegato che le trame sono spesso intricate, con l’inserimento di intrecci secondari, e che in esse si muove una miriade di personaggi, alcuni dei quali diventati proverbiali, descritti con ironia, comicità, sentimentalismo o secondo le categorie della caricatura e del grottesco.
Fontana si è soffermato sulla capacità dell’autore di descrivere il suo tempo caratterizzato da rapide trasformazioni nel lavoro, nei trasporti e nel profilo urbano e sull’incisività del linguaggio.
Si è divertito e ha divertito.
Il “set” è Londra, una città che cambia vorticosamente per l’inurbamento di masse contadine in cerca di lavoro nelle nuove fabbriche, attorno alle quali sorgono le “new towns”.
È la Londra degli slum, delle misere condizioni di vita delle classi povere e dello sfruttamento minorile, anche se la denuncia dello scrittore non mette mai in discussione l’assetto politico-sociale dell’Inghilterra dell’Ottocento.
In “Dombey and son”(1846-1848) simbolo di modernità è la locomotiva,”excellent monster”; il treno è strumento di cambiamento, ridisegna il paesaggio con la rete ferroviaria, trasforma il territorio, ma contribuisce alla distruzione dei luoghi dovuta alla industrializzazione selvaggia. La velocità e la nuova mentalità imprenditoriale influenzano anche la vita e i sentimenti degli uomini: il protagonista Dombey, orgoglioso ed arrogante commerciante, concentra tutte le sue aspettative sul figlio, non per amore ma confidando in lui per la prosecuzione della sua compagnia di trasporti.
In “Bleak House- Casa desolata” (1852-1853) l’autore racconta le vicende e gli intrighi che ruotano attorno ad una causa giudiziaria. Qui presenta una città caotica, nebbiosa ed inquinatissima: “Implacabile clima di novembre. Tanto fango per le strade come se le acque si fossero appena ritirate dalla faccia della terra e non stupirebbe incontrare un megalosauro, di circa quaranta piedi, che avanza ondeggiando come un lucertolone lungo Holborn Hill. Fumo che scende dai camini trasformandosi in soffice pioggerellina nera con larghi fiocchi di fuliggine che sembrano addolorati per la morte del sole.” Un incipit straordinario!
Coke town, la città industriale di “Tempi difficili- Hard times” (1854) “era una città di mattoni rossi che sarebbero stati rossi se fumo e cenere l’avessero consentito… Una città di macchinari e alte ciminiere dalle quali uscivano interminabili serpenti di fumo… It contained several large streets all very like one another, and many small streets still more like one another, inhabited by people equally like one another, who all went in and out at the same hours, with the same sound upon the same pavements, to do the same work, and to whom every day was the same as yesterday and to-morrow, and every year the counterpart of the last and the next.”
La città “era un trionfo di fatti, in essa non c’era l’ombra della fantasia.” È evidente la satira rivolta all’utilitarismo, filosofia che si basava sui fatti, escludendo l’importanza dei valori morali e spirituali. Nel romanzo, questa filosofia è incarnata da Thomas Gradgrind che rivolgendosi agli insegnanti della scuola afferma “Ora quello che voglio sono i fatti, a questi ragazzi e ragazze insegnate solo fatti.”
I romanzi di Dickens, pur con risultati differenti, rappresentano uno dei momenti più alti del romanzo sociale. Le sue descrizioni di ambienti, situazioni, personaggi ci danno un affresco fondamentale per conoscere la società inglese del XIX secolo.
Un caldo ringraziamento al prof. Luca Fontana, con la speranza di rivederci in primavera per una conferenza su Carlo Emilio Gadda.
Marisa D.
docente amica della Dante
P.S. Dal libro di Nick Hornby “Sono tutte storie” – Guanda 2012 – riporto queste parole:
“I libri di Dickens sopravvivono perché quasi in ogni pagina c’è qualcosa che gli rende merito – una battuta, una descrizione memorabile, una scena strepitosa, un personaggio tanto originale eppure tanto ben rappresentativo di una debolezza umana che il suo nome è entrato nell’inglese corrente – e perché quasi in ogni riga che scrisse c’è un’energia formidabile. Ah, e anche perché Dickens era amato, è ancora amato ed è sempre stato amato.” Hornby consiglia, inoltre, la biografia del romanziere scritta da Claire Tomalin “Charles Dickens: A Life”
ultimo aggiornamento della pagina: 25 novembre 2012