Renato Di Benedetto
Tra il mito e la realtà storica
Nabucco risalta, fra le opere di Verdi, per l’aura leggendaria che l’avvolge e la tiene sospesa fra il mito e la storia; per quanto fascinosa, essa tuttavia finisce con astrarla dal suo contesto storico e distorcerne il senso, soprattutto per quel che riguarda il celeberrimo Va’ pensiero.
Storia è l’appartenenza del Nabucco al genere del dramma sacro, di soggetto biblico, che fin dal Settecento i teatri italiani (in particolare napoletani) mettevano in scena durante la Quaresima, e la sua evidente dipendenza dal capolavoro del genere, il Mosè di Rossini, ma anche la nuova vita che Verdi immette in quel vecchio modello e determina l’immediato, travolgente successo dell’opera. Storia è anche il sempre più frequente affacciarsi nel teatro d’opera (vera e propria scuola di educazione sentimentale dell’italiano dell’Ottocento) di motivi patriottici, di più o meno mascherati appelli alla libertà, all’indipendenza e all’unità nazionale. Storia, infine è la piena appartenenza del Nabucco a questo clima politico-culturale.
Mito, invece, il credere che l’impegno patriottico di Verdi sia dichiarato ed esplicito fin da quest’opera e, soprattutto, che la sua pagina più famosa sia stata da subito eletta ad inno risorgimentale per antonomasia. Per intendere correttamente il senso è necessario considerarla qual essa è: non un pezzo a sé stante, ma il frammento di una più ampia unità musicale e drammatica, ch’essa forma con l’assolo del basso (Zaccaria) che la segue immediatamente, e alla quale è intimamente connessa. Nel suo assolo, Zaccaria rimprovera aspramente il popolo ebreo per il suo abbandonarsi a sentimenti di inerte e rassegnata nostalgia; la funzione drammaturgica di quella splendida pagina corale è dunque paradossalmente negativa, in quanto essa mira a far risaltare, per contrasto, l’energico tono incitativo della pagina che segue.
Ma a sua volta anche il mito diventa storia; storia però di un’altra stagione, quella del disincanto che l’agognata unità, finalmente raggiunta, desta negli animi degli italiani in preda a gravissimi problemi economici e sociali, e del sentimento di struggente nostalgia dell’età eroica del Risorgimento, che ne consegue.
Renato Di Benedetto
ultimo aggiornamento della pagina: 9 marzo 2013
* Renato Di Benedetto (1935) è stato bibliotecario presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, poi assistente presso l’Istituto di Musicologia dell’Università di Parma, quindi docente di Storia della musica nelle Università di Bologna, di Cagliari e di Napoli “Federico II”. È autore del volume VIII (Romanticismo e scuole nazionali) della Storia della musica EdT, ha collaborato con la Storia dell’opera italiana EdT, diretta da Lorenzo Bianconi e Giorgio Pestelli, con la Letteratura italiana Einaudi, diretta da Alberto Asor Rosa, e con il Lessico della musica italiana, diretto da Fiamma Nicolodi e Paolo Trovato. È stato responsabile della Rivista italiana di musicologia (1985-87) e presidente dell’associazione Il Saggiatore musicale (1994-1996). È presidente della Commissione scientifica dell’Edizione Nazionale delle Opere di Giovan Battista Pergolesi, istituita nel 2010.
Per la Società Dante Alighieri di Parma ha presentato, con il critico e musicologo Martini, le conferenze:
- Franz Liszt: il trascendente (2011);
- “Après une lecture du Liszt” Suoni, colori, immagini da Liszt a Debussy (2012).