Santa Maria della Steccata:
esempio di architettura cinquecentesca

Visita guidata con Ines Bacchi Pescaroli

Si impara a guardare come si impara a leggere”

Incontro alle ore 16 del 6 maggio 2019 in piazza della Steccata di fianco alla Chiesa, una delle più belle e amate dai Parmigiani, abituati a convivere con i capolavori, ma spesso non consapevoli dei tesori che queste custodiscono.

Siamo vicini al monumento del Parmigianino, bella statua in marmo del 1879 che poggia su una fontana da cui sgorga acqua, simbolo di vita e di rinascita, legata al culto della Madre, della Madonna. Non a caso il Parmigianino volle essere sepolto, nudo con una croce d’arcipresso sul petto, nella Chiesa dei Frati dei Servi, chiamata La Fontana per la fonte d’acqua sorgiva su cui l’edificio era collocato, nei pressi di Casalmaggiore.

Abituati già da tempo al linguaggio della nostra guida, ricco di particolari, al suo soffermarsi sul racconto storico (con il fascino delle notizie curiose), all’identificazione e all’interpretazione dei simboli, iniziamo così il percorso: il Parmigianino, la storia della costruzione della basilica, l’osservazione  delle forme architettoniche.

L’origine del culto di Maria allattante Gesù subentra a quello precedente di San Giovanni Battista dipinto sulla parete esterna di una casa posta sulla strada San Barnaba (oggi via Garibaldi), angolo Monastero di Sant’Alessandro, ritenuta miracolosa e pertanto protetta da uno steccato. Nel 1392 esisteva già un piccolo oratorio sporgente sulla strada. Attorno al 1450 comparve all’interno dell’oratorio un affresco raffigurante Maria allattante; il culto della Madonna diventò presto talmente popolare da sostituire, nel 1482, quello di San Giovanni e da richiedere un altro steccato.

L’oratorio verrà chiamato Santa Maria alla Steccata. Tanti erano i devoti che formarono una Confraternita intitolata a Santa Maria dell’Annunciata, finalizzata alla distribuzione di doti a sedici fanciulle povere, nate da regolare matrimonio.

Nel 1500 venne ampliata via Santa Barbara a scapito dell’oratorio già piccolo. Per meglio custodire la preziosa immagine, nel 1521 il vescovo di Lodi Nicolò Urbani pose la prima pietra dell’edificio con cerimonia solenne.

La Chiesa ha una pianta a croce greca, con bracci posti sugli assi cardinali e chiusi da quattro grandi absidi simmetriche; tra i bracci quattro ambienti quadrangolari, adibiti a sagrestia, costituiscono le basi delle quattro torri previste ma non eseguite.

È difficile stabilire con esattezza di chi sia il progetto. Gli ultimi studi attribuiscono quello iniziale a Leonardo, chiamato nel 1515 da Giuliano de Medici allora Governatore di Parma. Sembra pertanto sua questa pianta a croce greca, con ampio respiro spaziale, come voleva la ricerca architettonica del 1500. I lavori esecutivi furono poi affidati ai Fratelli Zaccagni. La cupola centrale, invece, è opera di Antonio da Sangallo il Giovane.

Il nuovo luogo di culto venne consacrato il 24 febbraio del 1539; nella notte il dipinto della Madonna Miracolosa venne traslato dal piccolo oratorio al nuovo tempio (i nomi dei testimoni sono in una lapide nell’abside, a nord).

Nel 1718 dalla Confraternita dell’Annunciata passò all’Ordine Costantiniano di San Giorgio.

Proseguiamo con l’osservazione delle dimensioni dell’architettura esterna: i corpi absidali uniti dai volumi squadrati, il coronamento balaustrato in marmo bianco e le statue (esecuzione tarda, su progetto originario), la grande cupola; i volumi, in laterizi, sono raccordati orizzontalmente da un piano continuo in marmo bianco, mentre le statue ne prolungano la verticalità.

I chiaroscuri dati dai vuoti delle finestre monofore, bifore, dagli oculi circolari e dalle sporgenze dei cornicioni danno alla struttura, nonostante il materiale costruttivo usato e le notevoli e imponenti dimensioni, grande leggerezza e armoniosità.

Entriamo nella Chiesa.

La posizione delle finestre produce luce che si dilata in maniera graduale in tutto lo spazio, lasciando alcune parti in penombra; ricca e diffusa è l’illuminazione dell’abside.

Ci poniamo al centro, lo sguardo in su verso la cupola illuminata da dodici finestre (dodici gli apostoli), dipinta da Bernardino Gatti (Assunzione della Vergine): gli occhi spaziano intorno a questa perfezione di forme. Lesene a candelabro, finti rilievi, si ergono dal basamento con le stazioni della via Crucis sino ai capitelli e alle zone cromatiche degli emicicli, in un meraviglioso movimento ascensionale.

Tutto l’interno è ornato da affreschi di scuola parmense del XVII secolo.

Nel 1530, Francesco Mazzola, detto il Parmigianino, tornò nella sua città per decorare l’abside maggiore della Chiesa della Madonna della Steccata, con l’Incoronazione di Maria. I fondi per l’impresa erano stati messi a disposizione per lascito testamentario da Bartolomeo Montini. In realtà, realizzò solo gli affreschi del sottarco orientale. I lavori vennero infatti proseguiti da Michelangelo Anselmi e da Bernardino Gatti.

Nel contratto si erano stabiliti diciotto mesi per il completamento dell’opera, ma i lavori si protrassero a lungo sia per problemi finanziari della Confraternita, sia per i profondi contrasti e le incomprensioni con la committenza, che per la lentezza operativa dello stesso pittore e la consegna ritardata dei rosoni di rame del sottarco. Furono anni difficili per l’artista, che Giorgio Vasari descrisse, vent’anni dopo la sua morte, profondamente trasformato e invecchiato.

L’ultima esaltante opera (1530-1539) del Parmigianino si può ammirare nel sottarco che sovrasta l’altare maggiore e che doveva precedere la sua versione della Vergine Incoronata.

Sono trecento metri quadrati di pittura che l’artista realizzò sull’intradosso dell’arco trionfale.

Osserviamo i quattordici rosoni di rame emergenti dai lacunari quadrati, che il Parmigianino dorò con 9800 fogli d’oro. Notiamo le fastose cornici, attorno ai rosoni, con inserti pittorici di conchiglie, arieti, colombe, granchi, decorazioni su sfondo rosso, grottesche dorate in cui si intravvedono aragoste, rane ed altro, festoni di alloro con melograni, carciofi, teste d’aglio, cipolle: una simbologia complessa che, partendo dalle caratteristiche intrinseche dell’elemento rappresentato, assume significato religioso.

Alla base del sottarco: le Vergini sagge e le Vergini stolte della parabola di Gesù, tre fanciulle per lato. Esse, vestite a festa, tengono in mano, con un elegante ritmo nei gesti, due lampade accese (destra) e due spente (sinistra) e portano sulla testa vasi ricolmi di gigli per accogliere lo sposo che viene nel cuore della notte. Due coppie di finte nicchie per lato contengono figure bibliche a monocromo: Adamo ed Eva, Mosé ed Aronne.

Le Vergini rappresentano il modello femminile ideale dell’artista, hanno corpi allungati , sinuosi, splendenti, sembrano staccarsi dalle pareti, non dipinti ma bassorilievi danzanti.

Le grottesche e le decorazioni figurate hanno una freschezza viva, sono sontuose nei dettagli raffinati e frutto di una ricerca di grande perfezione.

La tecnica usata dal Parmigianino è fondamentale per gli effetti luminosi, per le sfumature, i contorni e la definizione dei particolari: dopo avere preparato l’intonachino, invece che usare colore pastoso, che poi si sarebbe fissato per reazione chimica, lo diluiva come fosse acquerello, poi ripassava e rifiniva ogni dettaglio con la tempera, ottenendo così un effetto cromatico vivace ed una resa dei particolari che con l’affresco “a buon fresco” non avrebbe ottenuto. Effetto straordinario, opera di un genio.

Dopo un percorso di due ore, (anche se la guida avrebbe voluto parlare di tante altre cose, la sagrestia nobile, la cappella sepolcrale con le tombe dei Farnese e dei Borbone…), con un grande numero, più di un’ottantina, di partecipanti interessatissimi, la visita termina.

Con Ines Bacchi si impara a fermarci, a guardare, a non avere fretta. A riconoscere non solo gli stili, ma l’eleganza, l’equilibrio e la sublime armonia nelle opere d’arte.

Si acquisiscono canoni per scoprire la bellezza.

Luciana Beghè

ultimo aggiornamento della pagina: 27 maggio 2019

 

 

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