Un uomo che nacque proprio a sproposito:
Italo Svevo

Relatori: Francesco Gallina e Paolo Briganti

Il 13 maggio si è tenuta la conferenza con Francesco Gallina e Paolo Briganti, coautori di un recente libro su Italo Svevo. Hanno accompagnato la conversazione interessanti e piacevoli letture di Mirella Cenni e dello stesso Briganti.

I relatori presentano Italo Svevo (1861-1928) ricostruendone l’universo personale e professionale e dalle loro parole si capisce con chiarezza quanto siano entrati nella sua interiorità e quante sfumature ne abbiano colto. Ne parlano come uomo anticonvenzionale diviso fra cultura europea e cultura italiana e tra mondo intellettuale e mondo borghese, e ancora come scrittore originalissimo nella lingua, nei contenuti e nella personalità, nel suo stile di difficile catalogazione.

Svevo è autore di tre noti romanzi (Una vita, Senilità e La coscienza di Zeno), ma anche di molte altre produzioni, poco note, come racconti, opere teatrali, epistolari e diari. Tutti i suoi testi sono percorsi, al di là della serietà degli argomenti, da una vena di ironia, di umorismo che rivolge prima di tutto a se stesso, oltre che ai suoi personaggi.

Già il nome rivela diversi contrasti sia perché quello vero è Aron Hector Schmitz sia perché lo pseudonimo, Italo Svevo, rimanda direttamente alla sua origine geografica italiana e germanica. Lo scrittore, per metà italiano e per metà tedesco, inoltre è un ebreo antidogmatico con riflessioni personali rispetto l’ebraismo e il giudaismo. La sua vita si svolge a Trieste, città sospesa tra Italia e Impero, città periferica dove tutti parlano il dialetto locale.

Nei suoi contenuti si coglie la capacità di indagare a fondo i comportamenti umani e di rappresentare le vicende dentro una concreta realtà sociale, che si identifica con quella triestina che egli stesso vive. Dai suoi scritti, pertanto, emerge con chiarezza la crisi del suo tempo e il prossimo cambio strutturale della società.

Dopo l’uscita, poco felice, dei primi due romanzi, cala un lungo ventennale silenzio, un periodo senza pubblicazioni durante il quale Svevo si occupa delle attività di famiglia. Ancor di più, qui si avverte il contrasto tra lo scrittore incompreso dalla critica e l’abile uomo d’affari dedito al commercio, alla vita borghese e alle sue passioni.

Nel 1923, a cinque anni dalla morte, esce La coscienza di Zeno, che lo porta lentamente all’attenzione della critica e alla scoperta delle sue opere. Ma gli anni del fascismo non saranno benevoli per lui, ebreo, e la sua fama si consoliderà definitivamente solo nel secondo Dopoguerra.

L’importanza di Italo Svevo nella letteratura del ‘900 sta nell’aver contribuito alla nascita del romanzo contemporaneo, in cui si parla dei conflitti dell’uomo moderno, delle sue ansie e delle sue contraddizioni.

L’incontro ha suscitato l’attenzione e l’interesse del pubblico, anche per le tante novità sulla variegata produzione letteraria dello scrittore proposte dai relatori e per le avvincenti letture.

Lori Carpi

ultimo aggiornamento della pagina: 19 maggio 2019

 

 

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