Giuseppe Martini
Fenomenologia di un coro, tra storia e mito
Origine e destino di una pagina verdiana divenuta più nota dell’opera stessa
Si potrebbe dire: la difficoltà di pensare con tranquillità «Nabucco». È il destino di un’opera che si porta dentro un coro talmente ingombrante per notorietà e significati, da sfocare completamente il giudizio sull’intera partitura. Chiedersi da dove nasca questo fardello che si chiama «Va’ pensiero» significa andare a mettere il naso nella zona d’attrito fra storia e mito, ed è quello che ha fatto Renato Di Benedetto nell’incontro «Nabucco tra il mito e la realtà storica» il 20 febbraio in una gremita sala del foyer del Teatro Regio di Parma, organizzato dalla Società “Dante Alighieri” di Parma, in collaborazione con Forum Cultura, nell’ambito delle attività di promozione del programma lirico del Regio in questo primo scorcio di bicentenario verdiano.
La linea tracciata da Di Benedetto è proprio quella, scottante, che si adagia fra l’appartenenza di «Nabucco» alla temperie culturale del primo Risorgimento italiano e la sua assunzione a opera risorgimentale, due aspetti che si differenziano proprio sul piano degli intenti. E l’intento di Verdi non fu quello di scrivere un opera né un coro risorgimentale, e del resto la dedizione del «contadino delle Roncole» alla causa risorgimentale fu in gran parte privata e non musicale; ma se il destino di «Va’ pensiero» ha intrapreso un percorso differente dalla volontà per cui fu scritto, la causa è da additarsi al ripiegamento nostalgico dell’Italia postunitaria, delusa da inedite difficoltà sociali e desiderosa di ricostruire un proprio mito risorgimentale. È la tesi introdotta a suo tempo dallo studioso inglese Roger Parker, che Di Benedetto ha discusso attraverso addentellati che fanno capo alla prima letteratura del mito verdiano (i libri di Lessona e Pougin), alla struttura musicale del celebre coro (non «sigla risorgimentale» autonoma, ma pezzo unito alla profezia di Zaccaria con fini drammaturgici), allo spirito invocato da Mazzini nella musica verdiana e alla letteratura pedagogica della Nuova Italia. Con una morale implicita: non si comprende «Nabucco» e il suo coro se non separandone storia e mito senza mai spezzarne la loro ineluttabile unità.
Giuseppe Martini
(Gazzetta di Parma 2 marzo 2013)
ultimo aggiornamento della pagina: 11 aprile 2013
Brochure, con disegni originali di Francesco Soncini,
offerta al pubblico presente in sala.
L’evento è stato organizzato da Luciana Beghè, Lori Carpi e Annamaria Ghirardi