2 dicembre 2013
A cento anni dalla nascita di Vittorio Sereni
Ogni incontro con un poeta è un momento di emozione e riflessione personale.
Ogni lettura o rilettura dei versi offre la possibilità di nuove scoperte e approfondimenti.
E ciò è maggiormente vero quando il poeta è un grande come Vittorio Sereni, quando non si può incasellare in una corrente perché la sua vasta poesia è profonda e ricca di sfaccettature.
Quando la sua figura è illustrata con chiarezza e passione e i suoi versi vengono letti con bravura e partecipazione emotiva, allora in chi ascolta si accende una luce.
Il silenzio e l’attenzione con cui i presenti hanno seguito l’incontro dimostrano il coinvolgimento che la relatrice, prof.ssa Isa Guastalla, e l’attrice Franca Tragni con la sua lettura hanno saputo suscitare.
Se ci fosse bisogno di un pretesto per avvicinarsi alla poesia, questo sarebbe dato dal fatto che il 2013 è il centenario della nascita di Vittorio Sereni.
Egli nacque a Luino, ma molti sono i luoghi dove visse ed essi non furono per lui solo dei posti ma veri luoghi dell’anima, rievocati e metaforicamente rivissuti, vestiti ed investiti attraverso il ricordo di emozioni e riflessioni.
Significativo fu anche il suo legame con i nostri territori, non solo perché la moglie Maria Luisa era di Felino, ma anche grazie all’amicizia con Attilio Bertolucci con cui tenne per anni un lungo epistolario.
All’età di dodici anni si trasferì a Brescia e poi nel 1933 il grande salto a Milano in un ambiente culturalmente molto vivace, dove frequentò i poeti della Linea lombarda tra cui Salvatore Quasimodo.
Dopo aver conseguito la laurea in lettere e dopo alcuni anni di insegnamento, nel 1952 approdò alla Pirelli per passare poi alla Mondadori.
Quando scoppiò la seconda guerra mondiale era a Modena dove insegnava italiano e latino. Venne richiamato alle armi e assegnato ad un reparto la cui destinazione era l’Africa settentrionale ma, ancora prima di arrivarvi, venne fatto prigioniero nei pressi di Trapani e trascorse gli anni della guerra in prigionia in Algeria.
Ed è proprio quello della guerra il primo tema trattato dalla relatrice che ha scelto: “Italiano in Grecia”, “Non sa più nulla” tratte da “Diario d’Algeria” pubblicato nel 1947 e “Dall’Olanda: Amsterdam ” da “Strumenti umani” pubblicata nel 1965.
L’esperienza della guerra mette ancora più in risalto il senso di fragilità della vita e fa apparire il mondo ancora più insondabile e difficilmente decifrabile. Si percepisce un distacco del poeta (“il nemico è la tristezza”, “sono morto alla guerra e alla pace”).
Particolarmente sentito e commovente è il ricordo di Anna Frank che, lasciandoci la sua testimonianza, rappresenta anche tutti coloro che crollarono senza avere il tempo di scrivere (è germe e germoglio).
Dall’Olanda: Amsterdam
A portarmi fu il caso tra le nove
e le dieci d’una domenica mattina
svoltando a un ponte, uno dei tanti, a destra
lungo il semigelo d’un canale. E non
questa è la casa, ma soltanto
– mille volte già vista –
sul cartello dimesso: “Casa di Anna Frank”.
Disse più tardi il mio compagno: quella
di Anna Frank non dev’essere, non è
privilegiata memoria. Ce ne furono tanti
che crollarono per sola fame
senza il tempo di scriverlo.
Lei, è vero, lo scrisse.
Ma a ogni svolta a ogni ponte lungo ogni canale
continuavo a cercarla senza trovarla più
ritrovandola sempre.
Per questo è una e insondabile Amsterdam
nei suoi tre quattro variabili elementi
che fonde in tante unità ricorrenti, nei suoi
tre quattro fradici o acerbi colori
che quando è grande il suo spazio perpetua,
anima che s’irraggia ferma e limpida
su migliaia d’altri volti, germe
dovunque e germoglio di Anna Frank.
Per questo è sui suoi canali vertiginosa Amsterdam.
Il secondo tema trattato è quello degli affetti.
In “Sarà la noia” dalla raccolta “Stella variabile” c’è una deliziosa descrizione della nipotina che con un suo capriccio, dovuto forse alla noia, irrita il poeta che bruscamente le torce il braccio.
Questo gesto così umano e istintivo suscita nel poeta il ricordo dell’angelo nero dello sterminio e il senso della morte.
In “Di taglio e cucito” tratta da “Stella variabile” ancora una volta il poeta parte da un dato reale.
Sereni descrive la moglie che rappezza con caparbietà un pupazzo di stoffa, pecora o agnello; con la stessa caparbietà, con lo stesso cipiglio non molla la presa sulla vita del poeta che va “per farfalle e baratri” (“per ogni graffio un rammendo, per ogni sbrego una toppa”). Una donna sorpresa in un gesto quotidiano che emerge per la sua forza morale.
In “Giovanna e i Beatles” è la figlia del poeta che, forse fuori tempo, ridà fiato ai Beatles, sotto la specie della musica ritorna la memoria (“un diavolo sottile, portatore di brividi”) “riavvampa di verde la collina, si movimenta un mare”.
Di taglio e di cucito
Il giocattolo,
pecora o agnello che rappezzi
per ingiunzione della piccola,
di testa forte più di quanto non dica
il suo genere ovino
è in famiglia con te. Il tuo profilo
caparbio a ricucire il giocattolo
e quella testa forte: paziente
nell’impazienza – il tuo cipiglio
che pure non molla la presa
sulla mia vita che va per farfalle
e per baratri… Per ogni
graffio un rammendo, per ogni sbrego
una toppa.
Quanto vale
il lavoro di una
rammendatrice, quanto
la tua vita?
Il terzo tema trattato è quello dell’indecifrabilità del mondo.
In “La spiaggia”, come spesso accade nei suoi versi, Sereni parte da un piccolo evento: la telefonata di un amico che gli annuncia: “sono andati via tutti, non torneranno più”. Forse è solo l’informazione di una partenza ma il poeta su una spiaggia che non conosce ha un pensiero di morte (“toppe d’inesistenza”, “calce e cenere”). Ma il mare ha una sua forza che sembra comunicare al poeta e lo invita a non dubitare: “i morti parleranno”.
In “Posto di lavoro” la ripetitività e la banalità del quotidiano comunicano un senso di angoscia e domande sul senso della vita (scala a gomito, luce fredda).
L’ultima poesia scelta è “Autostrada della Cisa”. È un viaggio reale e metafisico, una strada che unisce due mondi, al di là del valico c’è l’estate, ma lungo il tragitto s’incontra una scarmigliata Erinni, si passa di tunnel in tunnel dall’abbagliamento alla cecità, c’è “la recidiva speranza di un’altra vita che verrà”, ma anche una “mano tesa che torna vuota”, un “braccio che stringe una spalla d’aria” e una Sibilla che sìbila al poeta che “il colore più indelebile è quello del vuoto”.
Autostrada della Cisa
da “Stella Variabile”
Tempo dieci anni, nemmeno
prima che rimuoia in me mio padre
(con malagrazia fu calato giù
e un banco di nebbia ci divise per sempre).
Oggi a un chilometro dal passo
una capelluta scarmigliata erinni
agita un cencio già spento, e addio.
Sappi -disse ieri lasciandomi qualcuno-
sappilo che non finisce qui,
di momento in momento credici a quell’altra vita,
di costa in costa aspettala e verrà
come di là dal valico un ritorno d’estate.
Parla così la recidiva speranza, morde
in un’anguria la polpa dell’estate,
vede laggiù quegli alberi perpetuare
ognuno in sé la sua ninfa
e dietro la raggera degli echi e dei miraggi
nella piana assetata il palpito di un lago
fare di Mantova una Tenochititlàn.
Di tunnel in tunnel di abbagliamento in cecità
tendo una mano. Mi ritorna vuota.
Allungo un braccio. Stringo una spalla d’aria.
Ancora non lo sai
-sibila nel frastuono delle volte
la sibilla, quella
che sempre più ha voglia di morire –
non lo sospetti ancora
che di tutti i colori il più forte
il più indelebile
è il colore del vuoto?
Dunque tante domande per cui non c’è una risposta sicura e rassicurante.
Sereni è un poeta, dice la relatrice, che bisogna leggere e rileggere e in verità ne ha suscitato il desiderio.
L’incontro si chiude con un caloroso saluto alla nipote del poeta, Laura (la nipotina della poesia) che è presente in sala.
Assunta Braschi
ultimo aggiornamento della pagina: 28 dicembre 2013